AUTORI
Marco Salvatores, Livio Leo
S.C. Ostetricia e Ginecologia – A.U.S.L. Valle d’Aosta
Topic: Cura del prolasso genitale.
INTRODUZIONE
Questo intervento è stato descritto da J-B Dubuisson nel 1998 e finalmente standardizzato dal 2003 in poi (1). E’ un intervento che rientra nella categoria
degli interventi protesici eseguiti per via addominale laparoscopica. Può essere considerato una semplificazione dell’intervento di promontosacropessi
laparoscopica, perché ripropone alcuni dei tempi classici di questa tecnica, ma introduce una serie di innovazioni e di semplificazioni.
La platea delle pazienti che ne possono beneficiare è molto ampia. Nella donne in menopausa precedentemente sottoposte ad una isterectomia, una percentuale
superiore al 30% soffre di disturbi della statica pelvica (2). l’incidenza del prolasso di cupola vero e proprio si assesta tra lo 0,2% e l’1%. In questi
casi un trattamento chirurgico è necessario perché i sintomi alterano la qualità della vita di queste pazienti, che sono spesso giovani e sessualmente
attive. Gli scopi del trattamento sono il miglioramento della sintomatologia, la ricostituzione della corretta anatomia della pelvi e il riposizionamento
dei relativi organi nella situazione originale.
Nel corso dei decenni molte tecniche sono state proposte e negli ultimi decenni per via laparoscopica e assistita dal robot.
La tecnica della promontofissazione è da anni il gold standard e prevede la sospensione della protesi al legamento longitudinale vertebrale anteriore.
Tale tecnica ha una ottima affidabilità e performance nel tempo. La promontofissazione è però gravata da un rischio di complicanze maggiori vascolari
e nervose, molto rare ma gravi (3).
Come tutti gli approcci laparoscopici, esso beneficia dei vantaggi classici di tale approccio: minor dolore post-operatorio, riduzione della degenza
ospedaliera e più rapida ripresa delle normali attività lavorative ad esempio, sono state rapidamente sormontate dagli aspetti più realmente innovativi
di questa tecnica. Grazie all’apporto della precisione della visione laparoscopica e all’effetto positivo del pneumoperitoneo, è oggi possibile raggiungere
spazi anatomici altrimenti di difficile accesso.
MATERIALI E METODI
L'intervento chirurgico si divide in due tappe principali. La prima tappa prevede una dissezione per mobilizzare la cupola vaginale da vescica e retto.
La seconda tappa comporta l’applicazione e il fissaggio della protesi alla cupola vaginale o alla cervice uterina (in caso di isterectomia subtotale)
e la sua sospensione laterale tension-free.
Se necessaria si effettua una adesiolisi a inizio intervento. Il clivaggio successivo vescico-vaginale viene effettuato nel piano di dissezione tra
la parete vaginale anteriore ricoperta dalla fascia endopelvica e la vescica. Questa dissezione può risultare difficile in caso di precedente isterectomia
totale; in tali casi il parziale riempimento della vescica con blu di metilene può essere di aiuto. Ugualmente il clivaggio del setto retto-vaginale (4)
viene effettuato liberando la parete vaginale posteriore dal retto sino a livello anale.
La seconda tappa concerne la fissazione della protesi in polipropilene sagomata con un corpo rettangolare di 4-7 cm e due braccia lunghe 15-20 cm e
larghe 2 cm circa.
La protesi viene introdotta in addome arrotolata e dopo essere stata dispiegata nella posizione corretta viene fissata con punti non riassorbibili
multi filamento alla faccia anteriore, posteriore e centrale della cupola vaginale o della cervice uterina. Talvolta può essere di ausilio l’utilizzo
anche di tacker riassorbibili.
La realizzazione della sospensione laterale prevede una incisione cutanea di 5 mm bilateralmente 2 cm sopra la cresta iliaca e a 4 cm posteriormente
alla spina iliaca antero-superiore. Attraverso questa incisione si introduce successivamente una pinza laparoscopica perpendicolarmente alla parete sino
a perforare l’aponeurosi del muscolo obliquo esterno, sino al peritoneo parietale, che deve rimanere intatto. Quindi la pinza deve essere orientata in
direzione del legamento rotondo, per via extraperitoneale, sino a superarlo inferiormente. A questo punto la pinza andrà a afferrare e estrarre il braccio
omolaterale della protesi, attraverso una trazione delicata e progressiva. La trazione verrà quindi aggiustata, ma sempre nell’ottica di una fissazione
tension-free. Effettuata la procedura da entrambi i lati verrà suturato l’accesso cutaneo, previa una facoltativa fissazione del braccio della protesi
con punto riassorbibile alla fascia muscolare.
A livello addominale la protesi andrà peritoneizzata così da escluderla dalla cavità.
NOSTRA ESPERIENZA
La nostra esperienza in tale intervento è ancora limitata perché abbiamo iniziato a eseguirlo da meno di un anno. Il nostro centro eseguiva già la
promontofissazione laparoscopica e quindi il passaggio a tale procedura è risultato agevole.
Ad oggi non abbiamo avuto complicanze intraoperatorie, né a medio termine.
Il follow-up, per quanto ancora molto limitato è buono. Deve essere segnalata l'osservazione di un maggiore rischio di recidiva sul compartimento posteriore,
come peraltro già descritto nella tecnica originale.
DISCUSSIONE
Ad oggi sono state descritte più di 300 tecniche per il trattamento del prolasso genitale femminile. Nel passato la tecnica di riferimento, in particolare
per il trattamento del cistocele e del prolasso di cupola, era l’intervento di promontofissazione laparotomica, descritto da Scali negli anni ’50. Questo
approccio non prendeva però in considerazione il compartimento posteriore e sovente un re-intervento per il trattamento del rettocele si rendeva necessario.
La tecnica classica di Scali è stata modificata e applicata alla laparoscopia e oggi permette con un approccio mini-invasivo un trattamento completo del
prolasso genitale maggiore, compreso il trattamento del rettocele.
L’intervento più recente di POPs offre una tecnica chirurgica più rapida rispetto alla promontofissazione e soprattutto permette di evitare il rischio,
molto raro ma severo, di incidenti a livello del promontorio. La sospensione laterale sec. POPs può quindi essere considerata una alternativa alla promontofissazione
in particolare nei casi di approccio al promontorio più difficili come le pazienti obese e in generale come una tecnica più veloce. Nei casi con prevalente
prolasso del compartimento posteriore però risulta meno affidabile e, in ogni caso, è consiglia associarvi una rettopessi con plastica vaginale posteriore
per via vaginale. Questo perché l’asse di sospensione della protesi trasversale è a livello del diametro mediano dello stretto superiore e rischia di
favorire una ernia del cul-de-sac di Douglas.
BIBLIOGRAFIA