ANATOMIA CHIRURGICA E OUTCOMES NELLA CHIRURGIA RIPARATIVA DEL PROLASSO GENITALE DI GRADO SEVERO

Antonio Onorato Succu, Gian Franco Puggioni, Antonio Campiglio
UOC Ostetricia e Ginecologia, Dipartimento Cure chirurgiche, Ospedale San Martino, Azienda sanitaria di Oristano, via Rockfeler, 09170 Oristano

Topic: prolasso vaginale
Introduzione: Il descensus degli organi pelvici (vescica, utero, retto) attraverso le pareti vaginali, determina diversi gradi di prolasso vaginale ed è soprattutto nelle forme più severe (dal III grado in su) che è richiesta una correzione chirurgica soddisfacente con restitutio anatomica e funzionale che perduri nel tempo ed altresì che offra alla donna una misura accettabile della qualità di vita. Se l’approccio chirurgico non è il solo determinante dell’outcome a distanza, in quanto altri fattori, come abitudini di vita ed eventualmente lavorative, fattori costituzionali e genetici, fumo ed obesità o sovrappeso, influenzano sensibilmente la storia naturale del prolasso genitale, così come, in un’ottica di approccio integrato altre specialità mediche o chirurgiche possono intervenire con azioni specifiche (per esempio urologo, colonproctologo, fisiatra), purtuttavia l’atto chirurgico del ginecologo vaginalista e pelvico ha sempre avuto un’importanza centrale, riconfermata oggigiorno dalle tappe storiche che rapidamente si sono succedute negli ultimi anni e che hanno visto un’evoluzione sia culturale che tecnologica dirompente e se vogliamo anche affascinante. Scopo di questo contributo è esporre la nostra visione della chirurgia protesica del prolasso vaginale, discutendo alcuni concetti anatomici o meglio anatomo funzionali e gli esiti di questa chirurgia. La comprensione anatomo funzionale più approfondita e l’innovazione tecnologica hanno contribuito a modificare l’approccio chirurgico e la stessa filosofia sottesa al management del prolasso genitale femminile.
Metodi: Abbiamo condotto una ricerca estesa della letteratura scientifica consultando i principali repertori bibliografici a livello internazionale in particolare PubMed, Ovid, Embase, e altri. Ci siamo poi avvalsi di un potente strumento di ricerca bibliografica nato circa 1 anno fa per iniziativa della regione Sardegna e promosso e implementato da Sardegna ricerche e messo a disposizione dei ricercatori e dei clinici che lavorano nell’Isola. Si tratta dello strumento di ricerca avanzata denominato Discovery che ci ha consentito di fare una ricerca dettagliata e completa e di reperire qualsiasi articolo scientifico interessante ai nostri scopi nel giro di poche ore. Le parole chiave utilizzate sono state: pelvic prolapse, genital prolapse, surgery of prolapse, prolapse surgery outcomes, pelvic prolapse anatomy. Nella disamina della letteratura e nell’esposizione dei risultati abbiamo considerato largamente la nostra esperienza clinica e chirurgica nel trattamento chirurgico del prolasso genitale, seguendo l’evoluzione storica recente delle nuove acquisizioni in tema di fisiopatologia, di anatomia funzionale e anche, in stretta relazione con le recenti protesi e con i nuovi devices, la ricerca nel nostro gruppo di una pianificazione rigorosa degli stessi interventi riparativi del prolasso.  
Risultati della ricerca bibliografica e dati provenienti dalla nostra esperienza chirurgica: E’ fondamentale che l’utero sia preliminarmente studiato con opportuni esami diagnostici, comprendenti almeno l’ecografia transvaginale e l’isteroscopia diagnostica ambulatoriale, al fine di escludere patologie neoplastiche o preneoplastiche che ne richiederebbero l’asportazione, prima di procedere all’intervento di correzione chirurgica del prolasso genitale. La tendenza attuale su cui anche il nostro gruppo concorda, è appunto la conservazione dell’utero durante gli interventi di correzione chirurgica del prolasso. Il razionale di tale scelta è ben fondato: infatti il viscere uterino e in particolare la cervice svolge un ruolo importante sulla statica pelvica. I primi due livelli di sostegno degli organi pelvici, riconosciuti da DeLancey (I livello: legamenti utero sacrali e cardinali, II livello: fascia utero vescicale e arco tendineo della fascia pelvica) hanno nell’utero in situ l’espressione della loro integrità anatomica e funzionale. Perciò se indenne da patologia siamo orientati alla conservazione dell’utero anche nei gradi di prolasso genitale (isterocele) più severi. Ricordiamo che il I livello sospende l’utero e l’apice vaginale mantenendo l’asse vaginale pressoché orizzontale sul piatto degli elevatori. Diviene molto importante perciò da una parte correggere il profilo vaginale mediante l’impianto della mesh, dove indicato, che ripristina/rinforza il II livello di DeLancey garantendo la continuità fasciale fino alle membrane otturatorie e agli archi tendinei (nella correzione anteriore) e con infissione dei legamenti sacrospinosi  che in stretta prossimità anatomofunzionale con il muscolo coccigeo dovrebbero consentire la compliance nei fisiologici movimenti ascensionali e discensionali del pavimento pelvico e della vagina associati alle funzioni fisiologiche (legate per esempio al riempimento e svuotamento vescicale e rettale). In questo senso la sospensione bilaterale ai legamenti sacro spinosi, prevista in tutti gli interventi di correzione del prolasso, sia mono- che multicompartimentale, garantisce (rispetto ai vecchi interventi di sospensione monolaterale) la simmetricità vaginale, ulteriore fattore di rispetto non solo dell’anatomia ma anche della fisiologia e della funzionalità. Sotto il profilo della conservazione dell’utero crediamo sia inoltre importante ricordare l’innervazione pelvica e in particolare dell’utero assicurata insieme agli altri visceri pelvici (vescica, uretra, vagina, retto) dal sistema nervoso autonomo. I due maggiori componenti di questo sistema nella pelvi comprendono i plessi ipogastrici superiore e inferiore. Il plesso ipogastrico superiore collocato sotto la biforcazione aortica contiene fibre simpatiche e sensorie afferenti dall’utero. Le fibre nervose del plesso ipogastrico inferiore o pelvico accompagnano i rami dell’arteria iliaca interna agli organi pelvici e costituiscono vie efferenti parasimpatiche. Il plesso pelvico si divide in tre porzioni tra cui quella utero vaginale (Frankenhauser ganglion). Una lesione alle branche del plesso pelvico può portare a vari gradi  disfunzionali sullo svuotamento vescicale, sulla funzione defecatoria e sessuale. La continenza e il buon esito degli interventi protesici come accennavamo è garantito dal mantenimento del tono degli elevatori e in questo senso la salvaguardia e il rispetto dell’innervazione pelvica è fondamentale. Il muscolo elevatore risulta innervato in larga misura e in percentuali variabili da parte del nervo pudendo, dei nervi sacrali e del nervo rettale inferiore.
Landmarks anatomici. I siti anatomici che sono stati utilizzati negli ultimi anni sono sostanzialmente due. Il forame otturatorio e il legamento sacro spinoso. Quest’ultimo riveste attualmente un ruolo centrale negli interventi di riparazione protesica del prolasso genitale. Il forame otturatorio ha rappresentato un salto di qualità importante per l’attacco anteriore delle reti per la correzione del profilo vaginale anteriore. Dev’essere ben conosciuta e compresa l’anatomia pararettale, paravescicale, del legamento sacro spinoso e delle regioni adiacenti, al fine di eseguire gli interventi di protesizzazione del pavimento pelvico in modo corretto e senza rischi. Il legamento sacro spinoso va dalla spina ischiatica alla parte inferiore del sacro e al coccige. Il legamento sacro spinoso può essere identificato palpando inizialmente la spina ischiatica e seguendo il triangolo fibroso posteriormente verso il sacro. Occorre attenzione per non confondere il legamento sacro spinoso con il muscolo coccigeo, di consistenza meno dura e rigida. Inoltre i nervi pudendi e i vasi giacciono direttamente dietro la spina ischiatica mentre il nervo sciatico si trova al di sopra e di lato rispetto al legamento sacro spinoso. L’intervento deve tener conto e avere come obiettivo non soltanto il ripristino dei livelli anatomici nella correzione dei profili vaginali alterati ma anche la conservazione o il ripristino del tono muscolare pelvico nonché del potenziale incremento derivante da una terapia riabilitatoria e tutto questo non può non passare attraverso la conoscenza, il rispetto e la conservazione della stessa innervazione pelvica. Negli anni abbiamo assistito e partecipato con passione anche con il nostro gruppo di ricerca clinica, ad una evoluzione nel posizionamento delle reti: dalle transotturatorie alle transglutee per arrivare finalmente alle monoincision. Ma oggigiorno riteniamo che il dibattito sui passaggi anatomici e sulle regioni anatomiche da attraversare sia in parte superato dato che la correzione del prolasso vaginale con tecnica monoincision ha degli indubbi vantaggi e l’attenzione nel campo della riparazione del prolasso si è concentrata sui materiali e sul posizionamento delle mesh. Come già accennato la sospensione al sacro spinoso che un tempo veniva associata alla chirurgia fasciale mancava di alcuni elementi importanti quali la simmetricità nella sospensione vaginale e l’elasticità-compliance. Fondamentalmente abbiamo a disposizione due sistemi per il sostegno ai sacro spinosi: uno utilizza l’infissione al legamento, mentre l’altro si serve di una modalità “a cappio” che trans figge e “abbraccia” il legamento sacro spinoso. In entrambi i casi è fondamentale rispettare nel passaggio dell’ago il corretto rapporto con i vasi, il nervo pudendo e il nervo rettale medio. L’ancoraggio corretto al sacro spinoso (nel suo terzo mediale) per tutti i tipi di prolasso atraverso la modalità monoincision ha costituito un importante passo in avanti, rispetto alle modalità dei passaggi transotturatorio e transgluteo che non riuscivano a conseguire una buona sospensione soprattutto nel prolasso di cupola.
Esiti della chirurgia protesica. Alla luce delle controversie recenti riguardanti le reti sintetiche nella chirurgia del prolasso, ci riferiamo in particolare alle note estese dalla americana FDA (Food and Drud Administration) nel 2011 abbiamo esaminato la nostra casistica unitamente ai dati della letteratura sugli outcomes e le complicanze associate all’impiego delle mesh. Abbiamo individuato ed analizzato criticamente gli studi di maggiore qualità in termini di selezione del campione degli ultimi 5 anni. Si tratta per lo più di studi prospettici controllati randomizzati o quasi-randomizzati comprendenti interventi chirurgici per la correzine del prolasso genitale. Inoltre sono state prese in considerazione le review della Cochraine Library sugli esiti e le complicanze della chirurgia per prolasso. Sugli outcomes la stessa definizione di successo dell’approccio chirurgico è dibattuta e controversa. Ad ogni modo le mesh sintetiche offrono una cure-rate sia anatomica che soggettiva sulla base dei questionari sulla qualità di vita somministrati alle pazienti successivamente alle procedure chirurgiche nel corso del follow-up, più elevata rispetto alla riparazione fasciale con tessuto nativo. Tuttavia ci si rende conto che i confronti sugli esiti anatomo-funzionali sono viziati proprio dalla selezione del campione di pazienti da sottopporre a chirurgia protesica del prolasso. Influiscono in questo senso sia la natura del prolasso (non semplicemente il grado, ma anche gli organi coinvolti, le strutture fasciali native, la storia naturale del prolasso per quella determinata donna) che il tipo di approccio chirurgico. Detto questo le frequenze di ricorrenza per la chirurgia protesica appaiono significativamente inferiori rispetto alla chirurgia fasciale. La principale complicanza delle mesh sembra essere l’esposizione ed è riportata una frequenza di questo evento intorno all’11-12% con circa la metà dei casi in cui si rende necessaria la parziale escissione della mesh, anche se nella nostra esperienza la frequenza di questa complicanza è risultata inferiore al 3%. Riteniamo che queste complicazioni possano essere ridotte con la preparazione e la pratica degli operatori e con una maggiore appropriatezza nella selezione delle pazienti. Un ulteriore passo in avanti potrà, crediamo essere compiuto grazie allo sviluppo dei materiali protesici che ancora forse non ha raggiunto un livello ottimale. Questo fatto potrà controbilanciare le tendenze che talvolta si manifestano ad un ripiegamento totale e immotivato verso la chirurgia basata sulla riparazione dei tessuti nativi. Infine vogliamo porre l’accento su un colloquio chiaro e completo con la paziente e sugli obiettivi e preferenze della donna che deve sempre orientare la scelta chirurgica, protesica o meno, in vista di quell’alleanza terapeutica che tutti auspichiamo.
Conclusioni: La chirurgia protesica del prolasso vaginale di alto grado è una chirurgia in cui la cura del dettaglio riveste un ruolo essenziale. Riteniamo che l’esito anatomico e funzionale dell’intervento correttivo sia in larga parte associato non solo al razionale chirurgico e quindi alle importanti novità di anatomia chirurgica introdotte ma anche, appunto alla ricerca dell’accuratezza nelle varie fasi dell’intervento stesso: dal posizionamento della rete rispetto all’asse di simmetria del piano perineale, al sua corretta distensione, ai punti di ancoramento sulla fascia, finanche alla sutura vaginale finale eseguita con i margini combacianti e al corretto zaffamento vaginale, che noi rimuoviamo 48 ore dopo, al termine dell’intervento.


Tab. Alcuni suggerimenti per ridurre l’erosione/esposizione delle mesh nella chirurgia del prolasso

Centrati sulla paziente

Evitare il fumo

Seguire un follow-up regolare dal proprio chirurgo e impiegare estrogeni locali

 

Centrati sul chirurgo

Preoperatori

Comprensione degli aspetti tecnici e dell’anatomia chirurgica della tecnica protesica

Considerare sempre la conservazione dell’utero

 

Intraoperatori

Utilizare polipropilene leggero a pori larghi

Ampia idrodissezione per facilitare i piani di dissezione

Evitare i ripiegamenti e porre attenzione nella distensione della mesh

Evitare un taglio eccessivo della mucosa vaginale

Bibliografia

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