La terapia chirurgica nella donna adulta incontinente

Review

 

Introduzione

Compito del Comitato 7A è valutare i risultati della chirurgia per la terapia della incontinenza da sforzo pura (Genuine Stress Incontinence, GSI).

I risultati della letteratura sono stati valutati ricercando a mano le riviste e gli abstracts dei congressi internazionali, con la ricerca elettronica per argomento delle riviste scientifiche ed incrociando le voci bibliografiche di alcune pubblicazioni. Gli studi selezionati sono caratterizzati dal fatto che i pazienti inclusi avessero GSI in assenza di altre cause identificabili di incontinenza. Dove sono descritti interventi chirurgici, si e verificato, quando possibile, che l'atto operatorio codificato sia in effetti l'atto operatorio effettuato. La relativa piccola dimensione numerica degli studi non permette di trarre conclusioni statisticamente significative nella valutazione di lievi variazioni nelle tecniche chirurgiche adottate. Dove possibile i risultati della chirurgia si basano sulle pazienti per le quali vi era l'intenzione di effettuare un intervento chirurgico (intent-to-treat). La continenza è stata valutata di preferenza con criteri oggettivi, come il test del pannolino, (pad test), la cistouretrografia retrograda o studi radiologici. La continenza urinaria dopo un intervento è definita come l'oggettivo riscontro di continenza urinaria ovvero il soggettivo diniego della paziente di avere qualsiasi grado di incontinenza. Quando gli Autori utilizzano frasi come “molto migliorata”, i risultati non sono stati presi in considerazione per il calcolo del totale delle pazienti continenti. Solo pazienti di sesso femminile sono state prese in considerazione. Il termine instabilità detrusoriale implica una diagnosi urodinamica, anche se alcuni Autori intendono la sindrome dell'urgenza urinaria come una diagnosi che non necessita diagnostica urodinamica. Il termine disturbi dello svuotamento vescicale presuppone l'esistenza di una anomalia soggettiva o oggettiva nello svuotamento vescicale che perduri dopo sei settimane dopo l'intervento chirurgico. Questo Comitato considera essenziale che i dati sulla continenza dopo intervento chirurgico non siano scissi da quelli sulla morbidità chirurgica.

Gli studi presi in considerazione si suddividono in tre gruppi: 1. Il miglior contributo proviene dagli studi clinici randomizzati con randomizzazione vera, ovvero in quegli studi clinici dove non era possibile sapere a quale braccio del random una paziente sarebbe stata assegnata se ella avesse accettato di entrarvi. Se tale criterio non era soddisfatto, allora lo studio è stato classificato nella categoria studio clinico semi-randomizzato ed assimilato alle coorti cliniche prospettiche. 2. Uno studio clinico prospettico a coorti è uno studio nel quale le pazienti vengono assegnate ad una rosa di due o più interventi sulla base di un criterio non randomizzato ed in seguito seguite nel tempo. 3. Uno studio clinico retrospettivo è definito come uno studio iniziato in un tempo successivo a quello degli interventi chirurgici.

Nel 1987 Blaivas scrisse che "con le moderne tecniche diagnostiche e scegliendo accuratamente i trattamenti chirurgici più indicati alla anomalia che si intende curare... nel trattamento della GSI lo standard accettabile di guarigione dovrebbe essere almeno del 90%"(1).

 

 

Classificazione dei tipi di chirurgia

Cistopessi è la procedura chirurgica con la quale, per via vaginale, una o più suture vengono applicate nel tessuto periuretrale e nella cosiddetta fascia pubocervicale, con lo scopo di creare una plicatura centrale della fascia sotto l'uretra.

Sospensione con ago lungo è la procedura chirurgica con la quale un ago lungo viene utilizzato per effettuare una sutura su entrambi i lati del collo vescicale tra la fascia addominale anteriore e la parete vaginale.

L'intervento viene denominato sospensione addominale anteriore secondo Pereyra se la corretta collocazione dei punti di sutura viene accertata con una metodica diversa dalla cistoscopia e sospensione secondo Stamey se la metodica di accertamento è la cistoscopia. La cistoscopia effettuata dopo avere eseguito l'intervento per confermare o escludere la presenza di materiale di sutura in vescica, non è rilevante ai fini di questa classificazione.

Marshall-Marchetti-Krantz (MMK) è la procedura chirurgica con la quale, attraverso una incisione cutanea addominale bassa, vengono situati punti di sutura nel tessuto paravaginale su entrambi i lati del collo vescicale e tali punti di sutura vengono assicurati alla sinfisi pubica.

Colposospensione è la procedura chirurgica con la quale, attraverso una incisione cutanea addominale bassa, viene situata una sutura nel tessuto paravaginale su entrambi i lati del collo vescicale e tali punti vengono assicurati ai legamenti ileopettinei di entrambi i lati.

Sling suburetrale è la procedura chirurgica con la quale una striscia di materiale non riassorbibile (sling) viene inserita in un tunnel chirurgico sotto il collo vescicale e/o sotto l'uretra prossimale e viene assicurata alla fascia dei retti o alla parete pelvica. La sling può essere inserita per via vaginale, addominale o con un intervento combinato per le due vie.

Fisioterapia è definita la metodica fisica non chirurgica di trattamento, preferibilmen effettuata sotto il controllo di un fisioterapista. L'impianto di sostanze iniettabili viene classificato in base al tipo di sostanza ed alla via di somministrazione.

 

In caso di fallimento della fisioterapia, la terapia chirurgica è l'unica alternativa?

 

Nonostante la GSI sia chiaramente una condizione clinica che crea forte disagio, essa è da includere tra le patologie di natura benigna per le quali i parametri da considerare sono la qualità della vita e non la morbosità e la mortalità. E' ovvio che la fisioterapia riabilitativa del pavimento pelvico, di qualsiasi tipo essa sia, non crea complicazioni, mentre la chirurgia e/o la anestesia per essa necessaria può all'inverso associarsi ad una morbosità chirurgica e, sebbene molto di rado, anche ad una mortalità chirurgica.

La comparazione tra studi clinici retrospettivi a coorti di fisioterapie di vario tipo e terapie chirurgiche è del tutto inappropriata, in quanto non possono esistere gli stessi criteri di selezione delle pazienti incluse negli studi dei due tipi. Inoltre è probabile che differenti modalità di fisioterapia, come pure differenti modalità di terapia chirurgica si associno a differenti risultati clinici. In questo campo dovrebbero quindi essere presi in considerazione solamente gli studi clinici randomizzati. Si sono trovati solo due studi clinici randomizzati che comparino la fisioterapia del pavimento pelvico con la terapia chirurgica.

1. Tapp (2) riporta i risultati di 68 donne con GSI, nessuna precedentemente trattata chirurgicamente, sottoposte:

 a) ad un ciclo di esercizi di ginnastica del pavimento pelvico (n=21);

 b) ad a) più Faraday terapia (n=23);

C) a chirurgia, ovvero colposospensione (n=24). Sei mesi dopo, al follow-up, la percentuale di continenza oggettivamente verificata era rispettivamente nei tre gruppi a), b) e c) del 19%, 13% e 75%.

2. Klarskov (3) ha effettuato uno studio clinico randomizzato su 50 pazienti che hanno

eseguito:

a) ginnastica del pavimento pelvico (n=21);

b) terapia chirurgica (colposospensione) (n=19);

c) terapia chirurgica (cistopessi con o senza colposospensione) (n=10).

Per la valutazione della presente review, il gruppo c) viene escluso perché 10 pazienti ebbero colporrafia anteriore, delle quali 5 con colpo sospensione e 5 senza colpo sospensione.

Quattro mesi dopo, al follow-up, la percentuale di continenza oggettivamente verificata nel gruppo a) non era specificata in chiaro, in quanto viene riferito un miglioramento della situazione in un quarto delle pazienti. Nel gruppo b) risultati non sono riferiti in modo disaggregato, ma per le 24 pazienti che hanno avuto la colpo sospensione più la colporrafia anteriore (n=5). Di tali 24 pazienti, 16, pari al 67% erano continenti (Tabella 1).

 

Chirurgia vaginale o chirurgia sovrapubica?

 

Nel trattamento chirurgico della GSI vi è stato indubbiamente un cambiamento clinico a favore delle tecniche sovrapubiche, specialmente la colposospensione. La pratica clinica è forse progredita più velocemente della verifica scientifica, anche se le conclusioni della verifica scientifica sono assai simili a quelle della pratica clinica. Esistono a questo riguardo studi clinici randomizzati, prospettici a coorti e retrospettivi.

Vi sono due studi clinici randomizzati, quello di Bergman e coll pubblicato in the momenti successivi dello studio (4-6) e quello di Stanton e coll. Pubblicato solo alla conclusione (7).

1. Bergman ha randomizzato i pazienti verso tre bracci:

 a) cistopessi;

b) Pereyra;

c) colposospensione.

 Inoltre la randomizzazione era estesa anche agli operatori. Il follow-up oggettivo era a tre mesi, 1 anno e 5 anni dopo la chirurgia. La percentuale di continenza a tre mesi era rispettivamente nei tre gruppi a), b) e c) del 80%, 82% e 92% su 127 pazienti controllate. Tali percentuali ad 1 anno erano del 63%, 65% e 89% su 342 pazienti e a 5 anni del 37%, 43% e 82% a 5 anni su 93 pazienti.

2. Stanton ha randomizzato 52 pazienti verso due bracci:

 a) cistopessi;

 b) colposospensione.

 Inoltre la randomizzazione era estesa anche agli operatori. Il follow-up oggettivo a tre mesi ha evidenziato una percentuale di continenza rispettivamente del 65% e dell'85%.

Vi sono 5 studi clinici prospettici a coorti che confrontano la cistopessi con la colposospensione (8-12). Tali studi dimostrano che il 62.2% delle 178 pazienti sottoposte a cistopessi erano continenti, contro l'86.4% delle pazienti sottoposte a colposospensione.

Anche gli studi clinici retrospettivi dimostrano una minore percentuale di pazienti continenti dopo l'effettuazione di una cistopessi rispetto all'intervento di MMK. Jarvis (13) in una review della letteratura sui risultati oggettivi in pazienti sottoposte per la prima volta a chirurgia per la correzione dell’incontinenza, riporta una percentuale di guarigione dopo cistopessi del 67,8% contro l'89.8% dopo di MMK e l'89.8% dopo colposospensione (Tabella 2).

 Quindi la cistopessi può avere una percentuale di efficacia nella correzione della GSI del 65-70%, contro una percentuale di guarigione dell’85-90% della chirurgia sovrapubica.

 

L'intervento di cistopessi

Nella esecuzione dell'intervento di cistopessi la tecnica chirurgica adottata avrà un sicuro effetto nella eliminazione dell’incontinenza urinaria. Beck (14) riporta la sua esperienza in questa tecnica. Basandosi su criteri soggettivi egli afferma che quando la sutura consiste in punti poco profondi di catgut l'efficacia dell'intervento è del 75% mentre quando la sutura è realizzata con punti profondi e con filo in acido poliglicolico a lungo riassorbimento l'efficacia sale al 94%. E' diffusa l'opinione tra i chirurghi ginecologi che vi sia una variabilità nella esecuzione di questo intervento come in nessun'altra delle operazioni ginecologiche. (Figure 1 e 2).

I risultati a medio termine di questo intervento sono meno ottimistici di quelli a breve termine. Tre studi riportano la percentuale di continenza a 5 anni (6, 15, 16). Questi studi dimostrano un ampio spettro di variabilità, rispettivamente del 37%, 55% e 84%. Non risultano esserci studi clinici di dimensione accettabile che verifichino i risultati a 10 anni di questo tipo di intervento.

Uno dei maggiori vantaggi di questo intervento è la relativa mancanza di complicazioni. Beck (14) riporta una percentuale complessiva di serie complicazioni dell'1%. L'incidenza di disturbi nello svuotamento vescicale a lungo termine dopo questa procedura si avvicina allo zero, purché non vi fosse una anomalia dello svuotamento prima dell'atto chirurgico (13). L'incidenza di instabilità del detrusore insorta de novo dopo la chirurgia può raggiungere l'8% (14) (Tabella 3).

Quindi, quali sono le indicazioni appropriate per la scelta di questa procedura chirurgica? L'intervento ha un indubbio effetto positivo quando vi sia un significativo prolasso della parete vaginale anteriore, in quanto la cistopessi originariamente è stata ideata per correggere il prolasso della parete vaginale anteriore, anche se esistono altre procedure, come la colposospensione. Forse la maggiore indicazione per la cistopessi nella pratica clinica contemporanea è la paziente che preferisce sacrificare qualche chance di ottenere la continenza in cambio di una minore probabilità di complicazioni.

Sospensione con ago lungo

La tecnica di base di sospensione con ago lungo è stata inizialmente descritta da Pereyra e in seguito molte modifiche sono state introdotte da Stamey, delle quali la più significativa è stata l'introduzione della cistoscopia per verificare la posizione dei punti di sutura (17, 18). Il concetto originario della sospensione con ago lungo è molto interessante: un intervento minimamente invasivo. I primi risultati pubblicati suggeriscono, in una meta analisi a cura di Jarvis (19) di 77 pubblicazioni valutabili su oltre 4000 procedure una percentuale di successo del 79,5% della tecnica di Pereyra e del 77.7% di quella di Staney (Figura 3).

La percentuale di complicanze è relativamente piccola. L'infezione cronica con formazione di sierocele dovuta all’uso di materiale di sutura non assorbibile può essere ridotto utilizzando una profilassi antibiotica al momento della procedura, anche se il 12% delle pazienti hanno comunque dovuto togliere la sutura per dolore o sierocele. Se tale rimozione avviene almeno tre mesi dopo l’atto chirurgico, l’effetto dell’intervento stesso sulla continenza non viene compromesso (20,21). E’ stato documentato che un punto posto all’esterno della vescica può erodere i tessuti ed entrare in vescica, promuovendo la formazione di un calcolo (22). La percentuale di insorgenza de novo di instabilità del detrusore dopo l’intervento è del 5.8% e sebbene una percentuale simile sia da ascrivere ai disturbi dello svuotamento dopo questa tecnica, alcuni studi hanno dimostrato una diminuzione nella incidenza di disturbi dello svuotamento vescicale preesistenti all'intervento, che erano presumibilmente causati dal cistocele (13, 23).

I risultati a medio e lungo termine hanno però mancato di confermare i lusinghieri risultati a breve termine. Bergman (6) ha riportato a 5 anni una incidenza di incidenza di incontinenenza oggettiva del 43%. Attraverso un questionario, Mills riporta una percentuale di continenza del 33% a 10 anni, mentre Trockman sempre a 10 anni riferisce di una percentuale soggettiva di continenza del 20% e Jarvis del 6% (22 - 26). Tuttavia tali risultati sono controbilanciati dall'esistenza di una bassa morbidità.

La spiegazione di questo fallimento cumulativo nel tempo è presumibilmente da mettere in relazione con la scarsa possibilità di fissazione della sutura di materiale non riassorbibile nei tessuti, nonostante l'incorporazione dei punti di sutura nella parete vaginale (Tabelle 4 e 5).

Può quindi essere riservato spazio a questo intervento nelle pazienti dove l'accesso per tecniche chirurgiche sovrapubiche si ha ragione di ritenere che sia problematico, per esempio in donne che hanno già effettuato molteplici interventi per via laparotomica o in donne con gravi patologie organiche, molto anziane, con limitata mobilità o residua limitata longevità (27, 28) (Tabella 6).

 

 

L'intervento secondo Marshall -Marchetti-Krantz (MMK)

La caratteristica più saliente di questo intervento è la sospensione vescico-uretrale mediante una sutura che collega i tessuti paravaginali e parauretrali ad uno o più punti del periostio della sinfisi pubica stessa. In una meta analisi su 56 articoli su oltre 2700 interventi, Mainprize (29) riporta una percentuale di continenza. soggettiva del 92% se la procedura era effettuata quale primo intervento e dell'84.5% era effettuata dopo altre chirurgie correttive.

Vi sono relativamente pochi studi sulla efficacia della MMK, sia sulla efficacia oggettiva che in termini di studi clinici randomizzati. Per esempio non esistono clinici sulla efficacia oggettiva della MMK in pazienti già operate per incontinenza urinaria. Vi sono tre studi clinici randomizzati dello stesso gruppo di lavoro (30-32) comparano l'efficacia della MMK con la colposospensione. Tali studi suggeriscono una percentuale oggettiva di continenza tra i 6 ed i 12 mesi dopo l'intervento dell'89.9% dopo la colposospensione e dell'80.3% dopo la MMK (Tabella 7).

Non vi è prova in letteratura che l'uso di un qualsiasi tipo di filo di sutura dia risultati migliori rispetto ad altri tipi di materiali, ne che alcuna specifica tecnica aggiuntiva, come l’uso di talco nello spazio retropubico per promuovere l’adesione dei tessuti, o addirittura la creazione di fori nell’osso pubico attraverso i quali far passare i fili di sutura, possa associarsi ad un aumento della percentuale di pazienti continenti (29).

L’incidenza di disturbi dello svuotamento vescicale a lungo termine sembra essere attorno all’11%, mentre un simile valore è stato trovato per l’insorgenza de novo di instabilità del detrusore (29). Tuttavia la singola co complicazione che limita l'utilizzo di questa metodica è l'osteite a livello della sinfisi pubica, complicanza riportata nel 2.5% delle pazienti sottoposte a MMK. Sebbene vi siano solo pochi dati disponibili sul follow-up a medio e lungo periodo, le informazioni disponibili suggeriscono che questo intervento è efficace. Nella serie con follow-up a lungo termine più numerosa pubblicata, McDuffie (33) riporta una percentuale di continenza soggettiva dell’89,7% a 5 anni e del 75% a 15 anni.

L’osservazione appaiata che l’intervento di MMK ha una percentuale di successo non superiore (e forse inferiore) rispetto alla colposospensione e di un rischio tangibile di osteite, limitano le indicazioni per seguire questo intervento.

Colposospensione

Burch ha descritto un intervento chirurgico nel quale i tessuti paravescicali vengono elevati verso la linea ileopettinea della parete pelvica. Sebbene l'intervento all'inizio fosse indicato per le recidive di prolasso della parete vaginale anteriore, l'efficacia di questa tecnica nella correzione della GSI appare già nei dati pubblicati nel 1961 (34) (Figura 4).

Una meta analisi degli studi retrospettivi e prospettici mostra una percentuale di continenza oggettiva dopo colposospensione dell'89.8% in casi sottoposti per la prima volta a chirurgia e dell'82.5% sulle recidive (13).

Gli studi clinici randomizzati che comparano la colposospensione con la cistopessi, la sospensione con ago lungo o la MMK sono già stati citati (5, 6, 30-32) e suggeriscono che una percentuale di efficacia tra l'85 ed il 90%.

Trisultati a medio e lungo termine della colposospensione suggeriscono altresì che questo intervento permane efficace nel tempo. Vi sono due studi che riportano una percentuale di efficacia a 5 e più anni dell'82% (5, 35). Hebertson (36) riporta una percentuale di continenza del 90% ad 8 anni e Kjolhede (37) a 10 anni riporta la percentuale più bassa della letteratura, ovvero il 55% (Tabella 8).

Nella chirurgia per la GSI è lapalissiano affermare che con l'aumentare della percentuale di efficacia della metodica chirurgica adottata, cresce anche la percentuale di complicazioni. Per esempio, in una serie di pazienti seguite a 5 anni dall'intervento  (39), solo il 52% delle donne erano sia continenti che prive di qualsiasi complicazione, mentre in altra serie seguite ad 1 anno solo il 44% delle pazienti erano continenti e prive di complicazioni (40). Disturbi nello svuotamento vescicale sono presenti nel 10,3% della pazienti sottoposte a colposospensione, in un range dal 2 al 27%. L'instabilità del detrusore insorta de novo è stata descritta nel 17% dei casi (range 8-27%), in una serie di pazienti con una percentuale di continenza dell'81% (41). L'insorgenza di prolasso urogenitale (enterocele, cistocele, rettocele) entro 5 anni dall'intervento di colposospensione è stato descritto in una media del 13,6% delle pazienti (range 2.5-26.7%) (13). Sono riportati casi isolati di ostruzione ureterale monolaterale o anche bilaterale in seguito alla colposospensione (13). E’ difficile estrapolare una percentuale attendibile di questo tipo di complicanza, perché negli studi clinici che concentrano la loro attenzione sulla GSI e la sua cura, tali evenienze non sempre sono accuratamente riportate; la stima più attendibile di ostruzione ureterale sembra essere di 1: 1300 casi (13) Tabella 9). Allo stato attuale delle conoscenze, la colposospensione è da considerarsi il trattamento chirurgico più efficace della GSI, tuttavia se le pazienti desiderano avere quadro realistico delle possibili opzioni terapeutiche, dovranno mettere in bilancio gli ovvii benefici di questo approccio chirurgico con i rischi potenziali di complicazioni.

 

Riparazione del difetto paravaginale

Nel 1976 Richardson riprese in considerazione il concetto che l'uretrocistocele e la GSI potessero essere il risultato di un difetto nei tessuti paravaginali nella sezione pubocervicale della fascia endopelvica. Tale difetto sarebbe situato a lato della vagina, nel legamento connettivale della fascia pubocervicale alla aponeurosi che riveste il muscolo otturatorio interno a livello dell'arco tendineo della fascia endopelvica denominata linea alba. Questo difetto può essere mono o bilaterale e quindi di conseguenza una riparazione chirurgica di tale difetto paravaginale, per via addominale, dovrebbe curare l'incontinenza (42). In effetti questo difetto è stato oggetto di relativamente pochi studi scientifici, per quanto riguarda la prevalenza del difetto, l'importanza che esso riveste e l'accertamento della avvenuta sua riparazione. Sembra in verità oltremodo opportuno che gli sforzi dei clinici vengano indirizzati verso la riparazione di questo difetto invece che verso l'ignoranza di tale difetto ed il tentativo di trovare altri modi di sostenere il pavimento pelvico lasciando il difetto non riparato. La potenziale importanza del riconoscimento e della riparazione di questo difetto viene confermata da una percentuale di cura della GSI del 97% su 149 pazienti sottoposte a riparazione del difetto paravaginale (43).

A tutt'oggi esiste un solo studio clinico randomizzato che mette in comparazione la colposospensione con la riparazione del difetto paravaginale per la GSI nella donna. In questo studio in 36 donne è stato diagnosticato in corso di chirurgia sovrapubica la presenza di un difetto paravaginale. Queste 36 donne sono state assegnate in modo randomizzato in due bracci:

a) colposospensione

b) riparazione del difetto paravaginale con sutura in filo non riassorbibile.

Al follow-up a 6 mesi dopo l'intervento la percentuale di cura era del 100% nel braccio della colposospensione e solo del 75% in quello della riparazione del difetto paravaginale (44) (Tabella 10).

Al momento attuale lo stato delle conoscenze e l'importanza di questo difetto e ben definita come pure il beneficio che la riparazione di tale difetto possa avere sulla della GSI.

 

Sling suburetrale

L'intervento di Sling suburetrale non è nuovo. E' stato descritto per la prim da Giordano nel 1907, che descrive l'uso del muscolo gracile per formare una amaca sotto il collo vescicale e l'uretra prossimale. Da allora vi sono state numerose modifiche, utilizzando altri muscoli come il piramidale, la fascia dei retti o la fascia lata, ovvero altri tessuti della paziente, quali il tendine lungo palmare ovvero tessuti animali come fasce muscolari bovine o derma di maiale, ovvero materiali sintetici come il nylon o il marlex.

Questa tecnica è classicamente sempre stata considerata adatta principalmente per pazienti con recidiva di incontinenza dopo altri interventi chirurgici sul collo vescicale ed in tali pazienti la percentuale di correzione del difetto è attorno all'86% (13). Alcuni Autori hanno pazienti selezionate alle quali riservare questo intervento quale scelta primaria, per esempio nelle donne con ridotta pressione massima uretrale, ma esiste al contrario un interesse in costante aumento verso l'utilizzo di questa tecnica in prima istanza per la GSI, per la quale in letteratura suggerirebbe una percentuale di successo attorno al 93.9% con un Intervallo di Confidenza della media al 95% di 89-99% (13,47) (Figure 5, 6, 7).

Ci sono stati tre studi clinici randomizzati ed uno studio clinico prospettico che hanno comparato l'intervento di Sling suburetrale con la colposospensione (45-48), anche se solo uno studio riporta una comparazione randomizzata su pazienti mai prima sottoposte a chirurgia per incontinenza urinaria. (47). Nessuno di questi studi mostra una differenza significativa nella percentuale di raggiunta continenza, in quanto le percentuali sono dell'86% per l'intervento di sling e dell'85% per la colposospensione (Tabella 11).

Esiste un singolo studio (27) che ha randomizzato la tecnica di sling suburetrale con quella della sospensione con ago lungo nel trattamento della GSI in pazienti per le quali la colposospensione non era praticabile per motivi tecnici. Al follow-up oggettivo a tre mesi dall'intervento il 90% delle donne che avevano effettuato la sling erano continenti, contro l'80% di quelle che avevano effettuato la sospensione con ago lungo.

Solo tre studi (49-51) riportano i risultati a medio e lungo termine, con una percentuale di guarigione a 5 anni del 66%, del 71% e dell'85% rispettivamente e con una percentuale di continenza a 10 anni del 67% (Tabella 12).

Al pari della colposospensione, anche la tecnica di sling suburetrale si associa ad una percentuale sensibile di complicazioni, con una comparsa di instabilità detrusoriale de novo del 16.6% e con disturbi dello svuotamento post-intervento del 10.4% (range 2-37%) (13).

La prevalenza di lacerazioni vescicali in corso di colposospensione o di sling suburetrale è relativamente difficile da verificare dai dati riportati in letteratura, ma dovrebbe essere di circa il 4% (45).

Vi sono relativamente poche informazioni che permettano al chirurgo di preferire un particolare materiale per la sling, in quanto gli studi tendono ad essere retrospettivi e non sufficientemente potenti per cogliere differenze in questo campo, ma non sorprenderebbe se tutti i materiali utilizzati avessero lo stesso indice di successo. Esiste a riguardo la necessità di dati più esaurienti.

Uno studio retrospettivo (52) ha comparato la percentuale di complicanze e di successo nel trattamento della GSI dopo inserimento di sling di derma di maiale ovvero di fascia dei retti. In un gruppo di 38 donne con sling di derma di maiale, il 29% erano oggettivamente continenti 6 mesi ed oltre l'intervento, ed il 32% avevano una infezione della ferita nel postoperatorio. In 41 donne operate con fascia dei retti, il 61% erano continenti 6 mesi o più dopo l'intervento ed il 15% avevano una infezione della ferita (Tabella 13).

 

Iniezione di sostanze attorno all'uretra prossimale

Esiste una varietà di sostanze che possono essere iniettate sia per via transuretrale che attorno all'uretra prossimale per produrre un “cuscino" di tessuto ed aumentare in tal modo la pressione di chiusura uretrale. Tali sostanze includono il politetrafluoroetilene grasso, collagene, silicone. Da un punto di vista clinico è difficile operare una scelta tra queste sostanze, in quanto non esistono studi clinici controllati che orientino nella scelta. In una comparazione non randomizzata tra grasso e collagene periuretrale, ad una media di 7 mesi dopo il trattamento, il 13% delle pazienti erano continenti ed il 31% erano migliorate nel gruppo con grasso, contro il 24% di continenti ed il 71% di migliorate nel gruppo collagene (53), Il grasso autologo ha il pregio di essere facilmente disponibile e compatibile con i tessuti, ma viene rapidamente fagocitato e può quindi dare risultati inferiori rispetto ad altre sostanze (54). Vi è la prova che il politetrafluoroetilene possa passare nei linfonodi regionali e che possa causare granulomi nei polmoni in animali da esperimento, anche se non vi sono prove che questo preluda ad una trasformazione neoplastica. Può quindi essere prudenziale evitare l'uso di questa sostanza in assenza di un suo ruolo preferenziale in questa tecnica chirurgica (55-57) (Figura 8).

La tecnica di iniezione presenta il vantaggio di una permanenza potenzialmente breve in ospedale, anche di un Day surgery, anche se questo minor costo alberghiero è bilanciato dal costo del materiale iniettato. E' probabile che l'approccio transuretrale sia almeno altrettanto efficace di quello periuretrale; necessitando di minore quantità di materiale esso sarebbe quindi meno costoso. La tecnica è ritenuta relativamente scevra di effetti collaterali anche se in serie di dati recenti è riportato un rischio globale di complicazioni del 20%, tra le quali urgenza minzionaria nel 12.6%, ematuria nel 5% e ritenzione urinaria di breve durata nell'1.9% (58). L'iniezione può accadere che debba essere ripetuta e ciò può essere effettuato con tranquillità (57). Nelle serie numericamente più cospicue della letteratura, con rilievo oggettivo dei risultati dopo 2 anni dalla iniezione, il 48% delle pazienti erano continenti (59). Per quanto sia a conoscenza degli Autori, non esistono studi randomizzati comparativi tra le varie sostanze iniettate, ne tra la tecnica iniettiva ed altre tecniche chirurgiche.

Esiste la prova che alcune donne con GSI abbiano anomalie nella sintesi del collagene (60). Può quindi esservi una logica nell'uso del collagene bovino combinato con glutaldeide per aumentare le resistenze alla denaturazione ed alla degradazione enzimatica del collagene. Il collagene è un antigene e quindi è necessario eseguire tests allergologici preoperatori, ma l'allarme per la encefalopatia bovina spongiforme non è giustificato, in quanto il collagene proviene dagli Stati Uniti, dove non sono riportati casi di tale malattia (54).

I risultati oggettivi di questo trattamento mostrano una situazione interessante, con il 46% di guarigione dalla incontinenza nelle pazienti mai trattate chirurgicamente per la GSI e del 58% nelle pazienti già trattate (13). Il Silicone, sotto forma di particelle di silicone vulcanizzato sospese in un medium gelatinoso ha il vantaggio teorico di una maggiore dimensione delle particelle e quindi di una maggiore tendenza alla migrazione. Può esserci una riduzione significativa della percentuale di continenza ottenuta; in una serie viene riportata una percentuale del 70% a 17 mesi e del 31% a 39 mesi (61) (Tabella 14, 15).

Allo stato attuale delle conoscenze, vi sono due indicazioni principali all'uso dell'iniezione:

a) nella paziente che non è in grado di intraprendere un intervento chirurgico maggiore e che quindi si può invece candidare ad un atto chirurgico breve, magari in anestesia locale;

b) nella paziente che ha avuto un sensibile miglioramento dall'intervento chirurgico e che

preferisce un ulteriore miglioramento senza però ritornare in sala operatoria per un altro intervento chirurgico impegnativo (54, 62, 63). Vi sono poi dati recenti in letteratura che indicano che queste sostanze iniettive sono particolarmente indicate della insufficienza sfinterica intrinseca dell'uretra (64, 65).

 

 

Sfinteri artificiali dell'uretra prossimale

 

Gli articoli esistenti su questo argomento sono difficili da interpretare in quanto contengono pazienti con indicazioni disparate per l'intervento ed i risultati non sono disaggregati in base al criterio di ingresso.

Vi sono, ad ogni buon conto, alcuni studi che includono per la maggior parte se non esclusivamente donne con GSI. In tali pazienti, se il detrusore rimane stabile, possono essere raggiunti alte percentuali di continenza attorno al 92% (66). I benefici vanno controbilanciati dalla necessità potenziale di un successivo intervento: nella serie citata il 17% dei pazienti hanno avuto nell'arco di otto anni una media di due revisioni dell'impianto, per malfunzionamento della valvola o per erosione del manicotto (66, 67).

 

 

 

Chirurgia laparoscopica

Con l'avvento della chirurgia a minima invasività, le tecniche laparoscopiche hanno dimostrato di essere tecnicamente possibili, anche se la loro popolarità è andata aumentando ad una velocità superiore a quella con cui procede la verifica scientifica dei vantaggi e degli svantaggi di questa tecnica operatoria. Dopo la prima descrizione di colposospensione per via laparoscopica di Vancaillie e Schuessler (69), vi sono stati molti studi clinici sulle procedure laparoscopiche, con tecniche svariate per il tipo di suture, clips, ancore, mesh e punti metallici, per lo più associati a follow-up a breve termine. Liu (68) riporta una serie di 58 pazienti con una percentuale di continenza del 94.8% a breve termine, il 3.4% di lesioni vescicali e nessuna paziente riconvertita ad intervento tradizionale per fallimento laparoscopico. Lobel e Sand (70) riportano una serie con molte varianti tecniche, incluso l'uso di un ago di Stamey, e tempi operatori fino a tre ore. Riportano una percentuale di continenza a tre mesi dell'89%, scesa al 69% dopo due anni.

Esistono due studi clinici randomizzati (71, 72).

1. Burton ha randomizzato le pazienti in due bracci:

a) 30 pazienti con colposospensione laparoscopica;

 b) 30 pazienti colposospensione tradizionale.

Il follow-up ad 1 anno mostra una percentuale di continenza del 77% a cielo aperto e del 73% in laparoscopia, ma a tre anni le percentuali scendono rispettivamente al 93% ed al 60% rispettivamente. Su (73) riporta una percentuale oggettiva di continenza a tre mesi del 96% a cielo aperto e dell'80% dopo laparoscopia (Tabella 16). Il maggior vantaggio della chirurgia laparoscopica è la rapidità della guarigione postoperatoria. Tale dato è confermato da una serie nella quale tutte le pazienti sono tornate alle loro normali attività entro una settimana dall'intervento (68). Non è chiaro se tale ritorno alle normali attività sia benefico per il supporto costruito dall'intervento sotto il collo vescicale e forse tale precoce ritorno alle attività abituali può aumentare il rischio di recidive dell'incontinenza e può avere implicazioni sulla scelta dei materiali da sutura da utilizzare (74). Il maggiore svantaggio della tecnica laparoscopica di colposospensione è la lentezza della curva di apprendimento degli operatori ed il prolungarsi della durata dell'intervento. La curva di apprendimento è anche ricollegabile ad una elevata morbosità chirurgica, con una media di lesioni vescicali del 4% /74).

Al momento non può essere stabilito che la colposospensione per via laparoscopica possa essere un intervento di prima scelta per la terapia della GSI, anche se alcune pazienti possono preferire una più breve inabilità alle proprie occupazioni ad una possibile minore probabilità di guarigione dalla incontinenza. I risultati attualmente raggiungibili devono essere conosciuti, per evitare che questa metodica si estenda eccessivamente nell'uso, abbassando la percentuale di continenza ottenuta. E' anche necessario descrivere adeguatamente la tecnica operatoria nel riportare tali studi, perché senza dubbio alcune delle metodiche di colposospensione laparoscopica non sono assimilabili all'intervento di colposospensione a cielo aperto.

 

 

Nuove tecniche chirurgiche

 

Il Comitato ha scelto di prendere in considerazione alcune tecniche di recente introduzione per la correzione chirurgica della GSI e di considerarle separatamente, in quanto esiste una tendenza ad utilizzare nuove tecniche inserendole nella pratica clinica prima che esse siano state sufficientemente valutate su base scientifica.

Una recente modifica alla tecnica della sling suburetrale è la Tension-free Vaginal Tape (TVT), ovvero l'inserimento di una striscia di prolene rivestita da un involucro in plastica attorno al tratto mediano dell'uretra senza fissazione e, in alcuni centri, in anestesia locale. E' troppo presto per trarre conclusioni significative, salvo notare che su 75 pazienti sottoposte a tale intervento l'84% era continente a 24 mesi di distanza (75).

Vi sono due punti di particolare interesse riguardo questa tecnica. L'intervento può essere svolto in anestesia locale o loco-regionale, rendendo possibile alla paziente tossire o spingere durante la procedura, allo scopo di utilizzare il minimo di tensione della striscia di prolene compatibile con la correzione del difetto. In secondo luogo, la protesi in prolene viene situata nella porzione mediana e non in quella prossimale dell'uretra.

Vi è un recente interesse verso l'utilizzo di ancoraggi ossei dei punti di sutura. Il tubercolo pubico è il punto generalmente utilizzato. Esso viene utilizzato sia per la fissazione di una sling suburetrale (76), che per stabilizzare le suture (77). I vantaggi di queste procedure su altre tecniche più convenzionali o sulla applicazione di sling non è ad oggi verificato, come pure il rischio potenziale di sviluppare osteiti.

Recenti pubblicazioni hanno preso in esame l'inserimento di protesi nella uretra prossimale o adiacenti all'uretra prossimale; sono necessari più approfonditi studi e più prolungati follow-up per verificare la validità di membrane auto-sigillanti intrauretrali nell'uretra prossimale (78) o di micropalloncini impiantati nelle adiacenze della porzione esterna dell'uretra prossimale (79).

Esiste anche la segnalazione di una sling costituita da muscolo gracilis elettricamente stimolabile (80).

Queste ed altre tecniche necessitano di ulteriore valutazione scientifica prima di essere proposte all'uso clinico.

 

 

Chirurgia profilattica

 

Vi sono due aree nelle quali la chirurgia profilattica è particolarmente importante nella chirurgia della GSI. La prima consiste nel tentativo di ridurre la prevalenza di enterocele in seguito all'intervento di colposospensione, la seconda riguarda la prevenzione della GSI in seguito alla chirurgia correttiva del prolasso uterovaginale.

Poiché esiste una significativa incidenza di comparsa di enterocele e rettocele dopo l'intervento di colposospensione, alcuni operatori procedono alla obliterazione del Douglas per mezzo di borse sovrapposte effettuate sul peritoneo pelvico nella zona dei legamenti uterosacrali, facendo attenzione a non danneggiare gli ureteri, secondo la tecnica di Moschowitz. Secondo alcuni lavori (34) peraltro questa procedura non è certo che dia i risultati sperati. In uno studio clinico randomizzato su pazienti sottoposte a colposospensione, in metà delle quali era stata effettuata l'obliterazione del Douglas secondo Moschowitz, la percentuale di cura dell'incontinenza, la media di degenza, la prevalenza di prolasso urogenitale ad un anno, erano le stesse nei due gruppi (81).

Esiste una incidenza di GSI in seguito alla chirurgia per prolasso urogenitale in donne che apparentemente prima di tale intervento non avevano GSI. In una analisi retrospettiva (82), il 16% delle pazienti che non avevano GSI sviluppano GSI dopo l'intervento di cistopessi per prolasso della parete vaginale anteriore.

E' difficile stimare la dimensione globale del fenomeno dalla analisi della letteratura e studi sulla prevalenza sarebbero necessari allo scopo. Partendo dal presupposto che il problema sia reale, vi sono i mezzi per prevenire questo tipo di GSI potenziale. Le pazienti con prolasso urogenitale senza GSI potrebbero effettuare un esame urodinamico con riduzione del prolasso. Si è suggerito che se si eseguisse tale indagine su tutte le pazienti, il 41% avrebbe incontinenza evidenziabile dall'esame urodinamico, il 18% GSI ed il 23% GSI associata ad instabilità del detrusore (83).

Le pazienti con GSI potrebbero essere sottoposte a chirurgia profilattica del collo vescicale nel corso dell'intervento di correzione del prolasso urogenitale.

Tale protocollo non garantirebbe l'assenza di GSI dopo la procedura chirurgica, ma lo ridurrebbe attorno a valori dell'8% (82).

Per una valutazione scientificamente accettabile del fenomeno è' evidente l'esigenza di studi clinici multicentrici randomizzati su grandi numeri per paragonare la chirurgia del prolasso urogenitale da sola con la chirurgia del prolasso associata a quella sul collo vescicale.

Non vi sono dati sufficienti per valutare la validità della ginnastica perineale quale terapia adiuvante dopo terapia chirurgica profilattica.

 

 

Qualità degli studi clinici esistenti

 

Una review della letteratura scientifica dimostra una certa carenza nella qualità dei dati riportati sui risultati della terapia chirurgica della GSI. Una review sulla qualità dei dati riportati in letteratura dimostra che solo il 2.8% degli studi e l'11.5% delle pazienti erano all'interno di studi randomizzati, essendo tutto il resto costituito da studi retrospettivi o prospettici a coorti (13).

Molti studi non definiscono esattamente il tipo di risultati e nella maggioranza di essi non esiste distinzione tra i risultati ottenuti nella cura della GSI nelle pazienti che sono state sottoposte a chirurgia per la prima volta e i risultati delle pazienti recidive dopo altra chirurgia. Pochi studi riportano follow-up oltre l'anno. L'esatta natura del disturbo che viene trattato non sempre è specificata, come pure le cause dei fallimenti terapeutici. Spesso sono omesse informazioni potenzialmente confondenti, come l'età, l'indice di massa corporea, le patologie ginecologiche coesistenti, la gravità e l'impatto personale della incontinenza, le morbilità associate, la parità, il livello di attività fisica, le aspettative della paziente sull'esito dell'intervento, lo stato ormonale. E' per queste ragioni che gli studi retrospettivi e anche i prospettici non randomizzati sono di limitato valore per i bias nella selezione dei casi che inevitabilmente si accumulano e non vengono riconosciuti (84).

Esiste anche la necessità di descrivere in linea generale l'intervento effettuato, in quanto alcuni studi riportano una tecnica chirurgica che non coincide con quella effettivamente eseguita. Con l'elevarsi della qualità degli studi quest'ultima necessità diverrà sempre più importante se si vorranno misurare anche le piccole variazioni nella tecnica chirurgica, compresa la scelta dei materiali di sutura. Anche considerando gli studi clinici randomizzati, il metodo di randomizzazione non sempre è specificato, per cui non è possibile se in effetti si trattava di vere randomizzazioni ovvero di semi-randomizzazioni.

E' necessario migliorare la qualità del disegno dello studio, della scrittura dell'articolo, del controllo qualità dell'attività clinica. Dovrebbero essere riportate le percentuali di guarigione e non quelle di fallimento terapeutico, e tali percentuali dovrebbero almeno essere riportate a 24 mesi e per tutte le pazienti. E' anche necessario che i chirurghi tengano presenti anche i propri indici di guarigione dalla incontinenza e di complicanze chirurgiche, oltre che quelli della letteratura. Black e coll. hanno fatto una ricerca su 359 donne ad un anno dalla effettuazione di un intervento chirurgico per GSI in 18 differenti ospedali. Le pazienti erano state sottoposte ad una varietà di interventi chirurgici. A 12 mesi solo il 28% erano continenti, anche se l'87% erano migliorate. Solo il 68% delle pazienti ha risposto che avrebbe raccomandato il loro stesso intervento ad un'amica con lo stesso loro disturbo (85). Sembrerebbe da questi dati che in letteratura, forse per dare maggior risalto alla pubblicazione, vengano sovrastimati i risultati ottenuti nella pratica clinica. E' da sottolineare la necessità di registrare le complicazioni, le conseguenze quali l'instabilità de novo del detrusore o disturbi nello svuotamento vescicale, i prolassi, le complicazioni intraoperatorie ed il grado di soddisfazione della paziente dopo l'intervento. E' necessario raccogliere dati dettagliati sulla qualità della vita, in quanto lo scopo del trattamento della GSI è proprio il miglioramento della qualità della vita.

 

 

Il futuro

 

Questa review tenta di misurare il ruolo dei diversi interventi chirurgici in uso nella pratica clinica con anche le indicazioni per le future linee di ricerca e per le necessità di elevare la qualità della ricerca stessa. Le conclusioni di questa review sono sovrapponibili alle conclusioni dell'American Urological Association, che nel 1997 concludeva come segue:" il trattamento chirurgico della GSI nella donna è efficace, offre una terapia a lungo termine in una percentuale significativa di donne. L'esperienza suggerisce che la chirurgia sia la terapia iniziale sia nei casi freschi che nei casi recidivi dopo altra terapia chirurgica. La colposospensione retropubica e la sling suburetrale sono i trattamenti più efficaci in termini di cura della GSI a lungo termine" (86).

E' probabilmente inappropriato considerare la GSI una condizione omogenea. E' sempre più emergente la presa di coscienza che la misurazione delle diverse variabili urodinamiche possa portare all'indicazione dell'intervento chirurgico ottimale per la correzione di ciascun tipo di GSI. Per esempio misurando la pressione uretrale di chiusura, il punto di fuga d'urina sotto Valsalva o il punto di fuga di urina da pressione addominale, le pazienti possono essere divise in un gruppo con difetto intrinseco dello sfintere uretrale ed un altro gruppo con ipermobilità del collo vescicale. Non sembrerebbe logico trattare nello stesso modo i due gruppi (87, 88). Trattare le pazienti con una bassa pressione di chiusura uretrale nello stesso modo di quelle con un notevole abbassamento del collo vescicale o di quelle con atonia del collo vescicale non sembra essere logico. Vi è qualche prova da parte di studi clinici non randomizzati che questi gruppi eterogenei di pazienti con GSI debbano essere trattati in modo diverso. Per esempio, Sand (89) sostiene che le pazienti con GSI e bassa pressione di chiusura uretrale (definita come < 20 cm H2O) dovrebbero essere sottoposte all'intervento di sling suburetrale, poiché in questo gruppo la colposospensione in presenza di normale pressione di chiusura uretrale dava luogo all'82% di continenza, ma con ridotta pressione di chiusura tale percentuale di successo precipitava al 46%. Altri sono dello stesso avviso (90). Per esempio, le linee guida del Medicare degli Stati Uniti raccomandano la colposospensione in presenza di una normale pressione di chiusura uretrale e di un collo vescicale normale, mentre raccomandano la sling suburetrale in presenza di fallimento di un precedente intervento, condizioni cliniche anomale come l'asma e nelle donne che sollevano pesi; raccomandano infine l'iniezione di sostanze periuretrali in caso di atonia uretrale (64). Anche la Agency for Healthcare Policy degli Stati Uniti raccomanda linee guida simili (65).

Sono necessari ulteriori dati scientifici, in quanto i dati ad ora disponibili non sono sufficienti per raggiungere conclusioni definitive sulle linee guida nella terapia chirurgica della GSI. DeLancey nel 1996 (91) chiese: “dove siamo, dove dovremmo andare?". Egli poi rispose da solo alla sua domanda concludendo come segue: “le donne con GSI dovranno avere una esatta valutazione del danno presente a livello fasciale, muscolare e neurologico. Il trattamento si baserà sui difetti effettivamente trovati. Una donna con rottura della fascia endopelvica ma controllo neuromuscolare intatto sarà la candidata ideale per la ricostruzione chirurgica dei monconi lacerati della fascia endopelvica. Una donna con i tessuti connettivali relativamente intatti e con muscolatura debole ma ben innervata che ha perso la sua normale coordinazione, può imparare a contrarre volontariamente la muscolatura del pavimento pelvico così prevenendo la GSI. Le donne con la muscolatura deconnessa dalle fasce o con una denervazione muscolare che rende impossibile la ginnastica pelvica riabilitativa, riceveranno un altro trattamento (91). Questo comitato spera che la presente review della letteratura scientifica attualmente disponibile possa almeno contribuire nel creare le premesse per un approccio più scientifico e più razionale nel trattamento della GSI nella donna incontinente.

 

 

1. BLAIVAS, JG. A modest proposal for the diagnosis and

treatment of urinary incontinence in women. Journal of Urology, 1987, 138, 597-598.

2. TAPP AJS, HILLS B, CARDOZO LD, A randomized trial of pelvic floor exercises and surgery. Neurourology

and Urodynamics, 1989, 8, 356-7

3. KLARSKOV P, JEPSEN PV AND DORPH S. Reliabili

ty of voiding colpo-cysto-urethrography in female urinary stress incontinence before and after treatment. Acta Radiologica, 1988, 29, 685-688.

4. BERGMAN A, BALLARD CA AND KOONINGS PP. Comparison of three different surgical procedures for genuine stress incontinence - prospective randomized study. American Journal of Obstetrics and Gynecology,

1989, 160, 1102-1106.

5. BERGMAN A, KOONINGS PP AND BALLARD CA.

Primary stress urinary incontinence and pelvic relaxation - prospective randomized comparison of three different operations. American Journal of Obstetrics and Gyneco

logy, 1989, 161, 97-100.

6. BERGMAN A AND ELIA G. Three surgical procedures

for genuine stress incontinence - five year follow up of a prospective randomized study. American Journal of Obstetrics and Gynecology, 1995, 173, 66-71.

7. STANTON SL, CHAMBERLAIN GVP AND HOLMES DM. Randomized study of the anterior repair and colposuspension operation in the control of genuine stress incontinence. Proceedings Annual Meeting of the International Continence Society, 1986, 236-237.

8. PARK GS AND MILLER EJ. Surgical treatment of stress urinary incontinence - a comparison of the Kelly plication, Marshall-Marchetti-Krantz and Pereyra procedures. Obstetrics and Gynecology, 1988, 71, 575-579.

9. THUNEDBORG P, RAMUSSEN WF AND JENSEN SB. Stress urinary incontinence and posterior bladder defects - results of vaginal repair versus Burch colposuspension. Acta Obstetrica and Gynecologica Scandinavi

ca, 1990, 69, 55-59.

10. WEIL A, REYES H, BISCHOFF P ET AL. Modifica

tions of the urethral rest and stress profiles after different types of surgery for urinary stress incontinence. British Journal of Obstetrics and Gynaecology, 1984, 91, 46-55.

11. STANTON SL AND CARDOZO LD. A comparison of

vaginal and suprapubic surgery in the correction of incontinence due to urethral sphincter incompetence. British Journal of Urology, 1979, 6, 497-499.

12. WALTER S, OLESEN KP, HALDT ET AL. Urodyna

mic evaluation after vaginal repair and colposuspension. British Journal of Urology, 1982, 54, 377-380.

13. JARVIS GJ. Surgery for genuine stress incontinence,

British Journal of Obstetrics and Gynaecology, 1994,

101, 371-374.

14. BECK RP, MCCORMICKS AND NORDSTROM L. A

25-year experience with 519 anterior colporrhaphy procedures. Obstetrics and Gynecology, 1991, 78, 10111018.

15. PETERS WA AND THORNTON WN. Selection of the

primary operative procedure for stress urinary incontinence. American Journal of Obstetrics and Gynecology, 1988, 137, 923-930.

16. VAN GEELEN JM, THEEUWES AGM, ESKES TKAB ET AL. The clinical and urodynamic effects of anterior vaginal repair and Burch colposuspension. American Journal of Obstetrics and Gynecology, 1988, 159, 137-44.

17. PEREYRA AJ. A simplified surgical procedure correction of stress urinary incontinence in wo tern Journal of Surgery Obstetrics and G 1959, 67, 223-226.

procedure for the nence in women. Wesics and Gynecology,

sion of the vesical

18. STAMEY TA. Endoscopic suspension of the

neck for urinary incontinence. Surgery Gynecology a Obstetrics, 1973, 136, 547-554.

adder neck suspension for

Tournal of Urology,

19. JARVIS GJ. Long needle bladder neck suspensi

renuine stress incontinence. British Journal of Urol

1995, 76, 467-469.

20. ASHKEN MH. Follow up results with the Stamev.

ration for stress incontinence of urine. British Jour

Urology, 1990, 65, 168-9.

21. SPENCER JR, O'CONNOR VJ AND SCHAEFFER AL

A comparison of endoscopic suspension of the vesica neck with suprapubic vesicourethropexy for treatment of stress urinary incontinence. Journal of Urology, 1987 137, 411-415.

22. JARVIS GJ. Erosion of buttress following bladder neck

suspension. British Journal of Urology, 1992, 69, 265

23. HILTON P AND MAYNE CJ. The Stamey endoscopic

bladder neck suspension. British Journal of Obstetrics and Gynaecology, 1991, 98, 1141-9.

24. MILLS R, PERSAD RAND ASHKEN MH. Long term

follow up results with the Stamey operation for stress urinary incontinence of urine. British Journal of Urology,

1996, 86-88.

25. TROCKMAN BA, LEACH GE, HAMILTON J ET AL.

Journal of Urology, 1995, 154, 1841-1847.

26. KEVELIGHAN E AND JARVIS GJ. Abstracts, British

Congress of Obstetrics and Gynaecology, 1998.

27. HILTON P. A clinical and urodynamic study comparing

the Stamey bladder neck suspension and suburethral sling procedure in the treatment of genuine stress incontinence. British Journal of Obstetrics and Gynaecology,

1989, 96, 213-220.

28. PEATIE AB AND STANTON SL. The Stamcy opcration

for correction of genuine stress incontinence in the elderly woman. British Journal of Obstetrics and Gynaecolo

gy, 1989, 96, 983-986.

29. MAINPRIZE TC AND DRUTZ HP. The Marshall-Mar

chetti-Krantz procedure - a critical review. Obstetric and

Gynecological Survey, 1989, 43, 724-729.

30. MILANI R, SCALAMBRINO S, QUADRI G ET AL.

Marshall-Marchetti-Krantz procedure and Burch colposuspension in the surgical treatment of female urinary incontinence. British Journal of Obstetrics and Gynaecology, 1985, 92, 1050-1053.

A, COLOMBO N ET AL.

31. MILANI R, MAGSIONI A, COLOMBO

Burch colposuspension versus modified Marsha chetti-Krantz for stress urinary incontinence. Neurourology and Urodynamics, 1991, 10, 454-5.

32. COLOMBO N. SCALAMBRINO S, MAGSIONI A. Burch colposuspension versus modified Marshal-Machetti-Krantz urethropexy for primary genuine stress urinary incontinence. American Journal of Obstetrics and Gynecology. 1994, 171, 153-9.

33. MCDUFFIE RW, LITTIN RB AND BLUNDON KE. Urethrovesical suspension. American Journal of Surgery,

1981, 141, 297-8.

34. DURCH JC. Urethrovaginal fixation to Cooper's ligament for correction of stress incontinence, cystocele and prolapse. American Journal of Obstetrics and Gynecologygy, 1961, 81, 281-290.

35. FEYEREISL J, DREHER E, HAENGGI W ET AL. Long term results after Burch colposuspension. American Journal of Obstetrics and Gynecology, 1994, 171, 647-652.

36. HERBERTSSON G AND IOSIF CS. Surgical results on urodynamic studies 10 years after retropubic colpourethropexy. Acta Obstetrica and Gynecologica Scandinavica, 1993, 72, 298-301.

37. KJOLHEDE P AND RYDEN G. Acta Obstetrica and Gynecologica Scandinavica, 1994, 73, 642-647.

38. ALCALAY N, MONGA A AND STANTON SL. Burch colposuspension -a 10-20 year follow up. British Journal

of Obstetrics and Gynecology, 1995, 102, 740-745.

39. ERIKSEN BC, HAGEN B, EIK-NESS SH ET AL. Long

effectiveness of the Burch colposuspension. Acta Obste

trica and Gynecologica Scandinavica, 1990, 69, 45-70.

40. GALLOWAY NTM, DAVIES N AND STEPHENSON

TP. The complications of colposuspension. British Jour

nal of Urology, 1987, 60, 122-124.

41. VIERHOUT ME AMD MULDER AFP. De novo detru

sor instability after Burch colposuspension. Acta Obste

trica and Gynecologica Scandinavica, 1992, 71, 414-6.

42. RICHARDSON AC, LYON JB AND WILLIAMS NL. A

new look at pelvic relaxation. American Journal of Obs

tetrics and Gynecology, 1976, 126, 568-573.

43. SHULL BL AND BADEN WF. A six year experience

with paravaginal defect repair for stress urinary incontinence. American Journal of Obstetrics and Gynecology,

1989, 161, 432-1440.

44. COLOMBO N, MILAN R, VITOBELLO D ET AL. A

randomized comparison of Burch colposuspension and abdominal paravaginal defect repair for femalc siress uri. nary incontinence. American Journal of Obstetrics and

Gynecology, 1996, 175, 78-84.

45.ENZELSBERGER H. HELMER H AND SCHATTENC. Comparison of Burch and Lyodura sling procedures for repair of unsuccessful incontinence surgery. Obstetrics and Gynecology, 1996, 88, 251-6.

46. HENRIKSSON L AND ULMSTEN U. A urodynamic evaluation of the effects of abdominal urethrocystopexy and vaginal sling urethroplasty in women with stress incontinence. American Journal Obstetrics and Gyneco logy, 1978, 131, 77-82

47. ALOS O, BURGLUND AL AND BJERLE P. Urodyna

ics in women with stress incontinence before and after Surgery. European Journal of Obstetrics, Gynecology and

Reproductive Biology, 1993, 48, 197-205.

48. RICHMOND DH AND SUTHERST JR. Burch colpo

suspension or sling for stress incontinence ? British Journal of Urology, 1989, 64, 600-603.

49. MORGAN JE, HEIITZ DM, STEWART FE ET AL. The

polypropylene pubo vaginal sling for the treatment of recurrent stress urinary incontinence. Journal of Urology,1995, 154, 1013-1015.

50. CHIN YK AND STANTON SL. A follow up of silastic sling for genuine stress incontinence. British Journal of

Obstetrics and Gynaecology, 1995, 102, 143-7.

51. ZACHARIN RF. Abdominoperineal urethral suspension

in the management of recurrent stress incontinence of

urine. Obstetrics and Gynecology, 1983, 62, 544-655.

52. NAIDOO RKA. HOSKER GL AND SMITH ARB. Abstract of International Continence Society, 1995, 461 & 478.

53. HAAB F, ZIMMERN PE AND LEACH GE. Urinary stress incontinence due to intrinsic sphincter deficiency ; experience of fat and collagen periurethral injections.

Journal of Urology, 1997, 157, 1283-8.

54. DUCKETT JDA. The use of periurethral injectables in the treatment of genuine stress incontinence. British Journal of Obstetrics and Gynaecology, 1998, 105, 390

55. DEWAR PA. Is injected polytetrafluoroethylene carcino-genic ? British Journal of Urology, 1992, 69. 29-33.

56. MALIZIA AA, REIMAN HN, MYERS RP. Migration and granulomatous reaction after periurethral injection of polytethlon. Journal of the American Medical Association, 1984, 251, 3277-3281.

57. O'CONNELL HE, MCGUIRE EJ, ABOSEIF S ET AL. Transurethral collagen therapy in women. Journal of

Urology, 1995, 154, 1463-1465.

58. STOTHERS L, GOLDENBURG SL AND LEONE EF. Complications of periurethral collagen injections for stress urinary incontinence. Journal of Urology, 1998, 159, 806-7.

59. MONGA AK, ROBINSON D AND STANTON SL. Periurethral collagen injections for genuine stress incontinence ; a two year follow up. British Journal of Urology,

1995, 76, 156-60.

60. FALCONER C, EKMAN G, CHEUNG D ET AL.

Decreased collagen synthesis in stress incontinent women. Obstetrics and Gynecology, 1994, 84, 583-6.

61. BUCKLEY JF, LINGHAM KAND SCOTT R. Abstract, British Association of Urological Surgeons Annual Mee

tinG, 1993.

62. STANTON SL AND MONGA AK. Incontinence in elderly women - is periurethral collagen an advance ? British Journal of Obstetrics and Gynaecology, 1997, 104, 154-157.

63. ECKFORD SD AND ABRAMS P. Periurethral collagen implantation for female stress incontinence. British Journal of Urology, 1991, 68, 586-589.

64. MEDICARE COVERAGE INSURANCE MANUAL, June 1994, Transmittal 70, Section 65-9.

65. AGENCY FOR HEALTHCARE POLICY AND RESEARCH, 1996. Treatment of urinary incontinence, pages 53-59

66. WEBSTER SD, PEREZ LM, KHOURY JM ET AL. Management of stress urinary incontinence using artifi

cial urinary sphincter. Urology, 1992, 39, 499-503

67. RICHARD F, LEFORE TJM, BITKER NO ET AL. Female incontinence with primary sphincter deficiency - results of artificial urinary sphincter with long term follow up. Journal of Urology, 1996, supplement 156A.

68. LIU CY. Laparoscopic retropubic colposuspension.

Journal of reproductive medicine, 1993, 38, 526-530.

69. VANCAILLIE TG AND SCHUESSLER W. Laparoscopic bladder neck suspension. Journal, Laparoendoscopic

Surgery, 1991, 3,169-73.

70, LOBEL RW AND SAND PK. Long term results of laparoscopic Burch colposuspension. Neurourology and Urodynamics, 1996, 15, 398-9.

71. BURTON G. A randomized comparison of laparoscopicand open colposuspension. Neurourology and Urodynamics, 1994, 4, 497-8.

72. BURTON G. A three year prospective randomized urodynamic study comparing open and laparoscopic colposuspension. Neurourology and Urodynamics, 1997, 16,

353-354.

73. SU TH, WANG KG, HSU CY ET AL Prospective comparison of laparoscopic and traditional colposuspension in the treatment of genuine stress incontinence. Acta Obstetrics and Gynecologica Scandinavica, 1997, 76, 576-582.

74. SMITH ARB AND STANTON SL. Laparoscopic colposuspension. British Journal of Obstetrics and Gynaecology, 1998, 105, 383-4.

75. ULMSTEN U, HENRIKSSON L, JOHNSON PET AL. An ambulatory surgical procedure under local anaesthesia for treatment of female urinary incontinence. International Urogynecology Journal, 1996, 7, 81-6.

76. HAAS CA, RACKLEY RR, SANDIP P ET AL. Comparison of insitu vaginal sling procedure with and without preservation of the endopelvic fascia and base of bone anchor for suture fixation. Journal of Urology, 1997, 157, supplement 1034.

77. APPELL RA, RACKLEY RR AND DMOCHOWSKIRR. Vesica percutaneous bladder neck stabilisation. Journal of Endourology, 1996, 10, 221-3.

78. YOO JJ, MAGLIOCHETTI M AND ATALA A. Endoscopic treatment of incontinence with a self sealing membrane system. Journal of Urology. 1998, supplement 1248.

79. PYCHAA, KLINGLER CH, HAITELA ET AL. Implantable microballoons. European Urology, 1998, 33, 46975.

80. JANKNEGT RA, HEESAKKERS JPSA AND WEILEHJ. Electrical stimulation of muscle for the treatment of urinary sphincter deficiency. Journal of Urology, 1995, 154, 1830-3.

81. COLOMBO N, MAGSIONI A, ZANETTA G.Prevention of post operative urinary stress inco, after surgery for genitourinary prolapse. Obstetri Gynecology, 1996, 87, 266-71.

82. FIANU S, KJAELDGAARD A AND LARSSOn B. Preoperative screening for latent stress incontinence women with cystocele. Neurourology and Urodynas 1985, 4, 3-7.

83. ROSANZWEIG BA, PUSHKIN S, BLUMENFEINIET AL. Prevalence of abnormal urodynamic test in continent women with severe genitourinary Di Obstetrics and Gynecology, 1992, 79, 539-42.

84. BLACK NA AND DOWNS SH. The effectivene surgery for stress incontinence in women - a sveta sistematic review. British Journal of Urology, 1996, 78 cm 510.

85. BLACK N, GRIFFITHS J, POPE C ET AL. Impactosurgery for stress incontinence on morbidity. British Medical Journal, 1997, 315, 1493-8.

86. LEACH GE, DMOCHOWSKI RR, APPELL RA ET AL. Female stress urinary incontinence clinical guidelines panel summary report on surgical management of female stress urinary incontinence. Journal of Urology, 1997, 158, 875-880.

87. MCGUIRE EJ, LYTTON P, PEPE V ET AL. Stress urinary incontinence. Obstetrics and Gynaecology, 1976, 47, 255-7.

88. NITTI VW AND COMBS AJ. Correlation of Valsalva

leak point pressure with subjective degree of stress urinary incontinence in women. Journal of Urology, 1990, 155, 281-5.

89. SAND PK, BOWEN LW, PANGANIBAN R ET AL. The low pressure urethra as a factor in failed retropubic urethropexy. Obstetrics and Gynecology, 1987, 69, 399-402.

90. PENTTINEN J. KAAR K AND KAUPPILAA. Effective suprapubic operations and urethral closure. British

Journal of Urology, 1989, 63, 389-91.

91. DELANCY JOL. Stress urinary incontinence where are we now, where should we go? American Journal of Obstetrics and Gynecology, 1996, 175, 311